Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio: Appennino Area Strategica!

10 Giugno 2023 Off Di Redazione online

Una delle conclusioni dell’incontro, promosso dall’Accademia e  svoltosi a Casoli (Chieti), il 9 giugno.

L’Accademia è stata fondata nel 1960, in Umbria e la sede è a Spoleto. Nel 1982 ha conseguito il riconoscimento di Personalità Giuridica, e l’attale denominazione è stata certificata nel 2000.

Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo e Molise, regioni hanno una superficie olivicola che ammonta a 270.000 ha e se soltanto 25.000 di questi ettari raggiungesse la piena produttività, si potrebbero ottenere notevoli risultati, in ottica di rilancio della produzione nazionale.
Si stima che solo in Abruzzo 5.000 ettari di oliveti potrebbero essere oggetto di un piano di ristrutturazione e di riconversione tale da aumentare la produzione media annuale del 40% nel giro di 5 anni.
Molta di questa superficie, purtroppo, è ancora in stato di incuria e abbandono e questa condizione sta minando la leadership olivicola italiana, nel confronto con i principali competitor: se negli anni ’70 l’Italia era il primo Paese produttore al mondo, oggi occupa la terza posizione all’interno dell’Unione Europea come produttore di olio d’oliva con 240.000 tonnellate, mentre la Grecia raggiunge quota 330.000 e  680.000 la Spagna.
Se usciamo dai confini della UE, l’Italia scivola al quarto posto, perché la Turchia ha raggiunto una produzione di 275.000 tonnellate. In prospettiva, considerando gli ingenti investimenti nel settore olivicolo di Tunisia, Marocco e Portogallo, il nostro Paese potrebbe perdere ulteriori posizioni in un settore nel quale ha ricoperto da sempre un ruolo di assoluta eccellenza.

Un altro dato, al quale si fa riferimento, è quello della produzione interna, riferita al fabbisogno nazionale. Il dato, emerso dal convegno di Casoli è anche qui preoccupante: nel 2022, la produzione nazionale ha coperto appena il 48,2% del consumo, mentre sono cresciute le importazioni, che  hanno raggiunto il massimo di sempre con 2,2 miliardi di euro e hanno superato il dato dell’ export, che ha raggiunto 1,9 miliardi di euro.

Secondo gli esperti, intervenuti a Casoli, nel futuro prossimo sarà necessario puntare sulla riconversione e ristrutturazione degli impianti, favorendo la meccanizzazione, l’incremento delle dimensioni delle aziende olivicole, la razionalizzazione delle operazioni colturali ed un’attenzione costante al miglioramento qualitativo, puntando sulle varietà tipiche del territorio.

L’olivicoltura delle colline appenniniche presenta abbandonati superfici e un patrimonio di varietà ad alto valore commerciale, un potenziale che si dovrà valorizzare, utilizzando al meglio le opportunità della riforma della Politica Agricola Comune, con gli eco-schemi, l’architettura verde, la strategia ‘Farm to Fork’ ma anche impegnandosi nell’avviare sistemi produttivi sostenibili e progettando interventi, che consentano l’utilizzo di fondi del PNRR, ad esempio pensando a misure di sostegno specifiche, per il rinnovamento dei frantoi oleari.

Occorre, infine, non dimenticare che le aziende devono poter conseguire una maggiore redditività di filiera, nel giusto rapporto quantità/qualità, con una visione dell’imprenditorialità, moderna e dinamica.