Pericoltura Emiliana: in 10 anni persi oltre 6.000 ettari !
27 Febbraio 2023Secondo rilevazioni ISTAT, sembra essere segnato il il destino di una delle produzioni tipiche
ferraresi. Dal 2013 al 2022 siamo passati da circa 22.000 ettari a poco più di 15.000 e
anche nel 2023 non si fermano gli estirpi su tutto il territorio ferrarese, in particolare
della varietà Abate.
Cia-Agricoltori Italiani di Ferrara ricorda che gli agricoltori sono costretti a estirpare peri, a causa di un mix “letale”: patologie fitosanitarie e cambiamenti climatici, che portano a forti cali produttivi e costi di produzione non
coperti dai prezzi pagati all’origine.
Una produttrice di CIA, Jennifer Felloni descrive l’amarezza di tanti agricoltori, perché espiantare un frutteto ancora
produttivo è un atto estremo e “doloroso”: significa cancellare
anni di lavoro, ma non ci sono alternative quando, non solo non c’è
reddito, ma si va in perdita.
“Nel 2022 nella mia azienda sono andati in fumo circa 3.000 euro a ettaro, ma in altre realtà si è arrivati anche a meno 5.000. Sono i costi di produzione a pesare di più sui bilanci: quelli dei prodotti fitosanitari in costante aumento
così come le lavorazioni, come quella del cotico erboso per contenere la maculatura
bruna; i sistemi per limitare la cimice asiatica; l’irrigazione a fronte di una siccità che
continua a non dare tregua. E poi c’è la manodopera: l’anno scorso ho dato lavoro per
800 giornate e non ho avuto nessuna agevolazione, solo qualche piccolo sgravio fiscale.
A questo si aggiunge il costo proibitivo delle assicurazioni agricole e franchigie elevate
che rendono gli indennizzi molto difficili. Un insieme di oneri diventati insostenibili, ai quali si aggiunge la speculazione lungo le filiere, dove il prezzo dell’Abate, dal campo alla tavola, aumenta di quattro o cinque volte”.
Secondo l’agricoltrice, si potrebbe favorire la corretta applicazione delle norme sulle
Pratiche Sleali che vieta a chi commercializza di pagare i prodotti agricoli al di sotto dei
costi di produzione. “Possiamo anche sollecitare le strutture a cui conferiamo i prodotti
perché studino strategie che permettano di ridurre i costi del post raccolta che gravano
pesantemente sui produttori. In questo contesto, poi, sarebbero fondamentali una serie
di incentivi urgenti per le aziende che scelgono di non espiantare frutteti sani e
produttive per incentivarle a continuare a produrre.
Sono azioni concrete, che però non sembrano essere una priorità della
politica, quasi che nessuno si renda davvero conto che i pericoltori non possono più
aspettare perché il comparto sta scomparendo velocemente